martedì 5 dicembre 2017

Discorsi fannibaleschi 2 - Will Graham

Salve a tutti, miei coronati fratelli Fannibals. Siamo qui per presentarvi una nuova rubrica dedicata a noi italiani, visto che è un po’ triste e riduttivo che questo blog gestito da artisti italici sia praticamente tutto scritto in inglese. ;) Questa è la secondo puntata di una “rubrica” che, se avrà successo, potrebbe ottenere un discreto numero di seguiti: si tratta di semplici (ma non troppo) “discussioni” in cui approfondiremo uno o più aspetti della serie tv Hannibal, toccando anche i libri, i film e la cultura popolare. Senza altri indugi, iniziamo subito!
Emanuela Pegurri, copywriter, web editor e fannibal,& Furiarossa, artista, scrittrice nel gruppo dei Cactus di Fuoco e fondatrice di "Another Hannibal Artblog" presentano:

Discorsi Fannibaleschi#2
Will Graham 




E. "Tutti hanno pensato di uccidere qualcuno, in un modo o nell'altro. Che sia per mano vostra o per mano di Dio.” (Will Graham, Hannibal) 

Nel libro “Red Dragon” Thomas Harris presenta Will Graham. Qui e solo qui lui vive la sua avventura, satellite che gravita intorno ad Hannibal più nel male che nel bene. La storia la conosciamo, ma trovo interessante parlare di Will, un uomo che si è fatto dal nulla, vista la sua origine molto modesta, ma che per meriti diventa un agente FBI di notevole fama. Will possiede una caratteristica unica chiamata empatia, capacità di comprendere e immedesimarsi negli altri, nel suo caso specifico nelle menti dei serial killers: Will, di fatto, vede e immagina i delitti. Questo gli ha permesso di trovare e uccidere Garrett Jacob Hobbs, intuire che Hannibal Lecter è lo Squartatore di Chesapeake, riuscendo così a farlo catturare (anche se sarà ferito gravemente dallo stesso Lecter) e dare la caccia a Francis Dolarhyde. Nel libro Will non ha vita facile: ferito in viso da Dolarhyde, che lo sfigura, sarà abbandonato dalla moglie Molly e finirà solo e alcolizzato. Ricordiamo le versioni cinematografiche di Will Graham; il bravissimo William Petersen in “Manhunter” e l’altrettanto ottimo Edward Norton in “Red Dragon”. Per noi Fannibals il Will di riferimento è di certo Hugh Dancy,
attore che in “Hannibal” ha dimostrato di saper bypassare le parti da classico bravo ragazzo delle commedie hollywoodiane. Io ho trovato la sua interpretazione eccezionale, vicina a quella di William Petersen. Confesso che durante la prima visione delle 3 stagioni tifavo per lui: mi sono immedesimata nella sua empatia e ho provato tenerezza per quell’uomo che vive accudendo cani abbandonati, che cerca di salvare se stesso e le vite di chi ha subito e visto violenze. Come un mantra ripete “This is my design” per riconoscere i contorni di un crimine e si lascia ispirare dal suo carattere “più vicino a chi ha l'Asperger o è autistico, che psicopatici e narcisisti”. In seguito, dopo il primo livello di empatia, mi sono resa conto che anche Will ha un lato oscuro, manipolatore, spaventoso. Will, nella versione tutta Fulleriana di “Hannibal” è una sorta di tormentato ma responsabile alter ego di Lecter, l’unico uomo che lo può capire e che può essere alla sua altezza. 


Hannibal: “Tu sei solo perché sei unico.” 
Will: “Sono solo quanto te.” 

Will è dolorosamente consapevole di chi è e del suo pesante impatto caratteriale, ma si immerge – come quando va a pesca per trovare conforto da ogni orrore – nella follia che lo lega in maniera indissolubile ad Hannibal. Nell’arco di 3 stagioni Will subisce trasformazioni di ogni genere e l’unico motivo che lo tiene vigile è sapere che può lottare per avere una vita normale, e per un periodo l’avrà, accanto a Molly e al di lei figlio. Ma il destino di Will segue da sempre il percorso dell’oscurità, e solo nel momento finale riuscirà a comprendere di rappresentare l’estensione emotiva e sentimentale del criminale Hannibal. 

Hannibal: “Questo è tutto quello che volevo per te, Will; per entrambi.” 
Will: “E' bellissimo.

F. Will Graham è un personaggio complesso e in continua evoluzione, come hai detto, che nell'arco delle tre stagioni subisce una metamorfosi pressoché totale, persino nel suo modo di presentarsi e di vestirsi... ed è, oserei dire, il perfetto protagonista da seguire per entrare nel mondo di Hannibal.
Per lo spettatore, essere gettato direttamente in pasto al grottesco e al raffinato, all'orrido e al sublime, che rappresentano gli estremi dell'universo di Hannibal, potrebbe essere fonte di una sorta di "shock" che causerebbe incomprensioni e persino una repulsione nei confronti dello show.
Will Graham ha un ruolo importantissimo: da persona che inizialmente è "normale" (non nel senso classico del termine, essendo pur sempre un genio caratterizzato da un'empatia fuori dal comune, ma nel senso morale) ci introduce lentamente e inesorabilmente a un mondo contorto.
Attraverso le sue metafore, noi vediamo l'orrore. Attraverso i suoi dialoghi con Hannibal, la bellezza.
E proprio i suoi discorsi con Hannibal, l'evoluzione delle parole utilizzate nel corso delle tre stagioni, ci mostrano come cambia il personaggio, la serie e finanche la nostra visione di quest'ultima.
Inizialmente Will parla ad Hannibal dei suoi profondi disagi, della sua paura, della repulsione e dell'ansia che prova verso la morte, verso le attività di quei criminali con cui è costretto ad empatizzare, ma poi...

E.Il “poi” è l’inizio dell’orrore e della consapevolezza.
Will vive di empatia, di strati profondi formati da pensieri senza soluzione di continuità in cui analizza e intuisce senza filtri, e realizza la verità. Ricordiamo che in “Sorbetto” (S1E7) scopre che, forse, proprio Hannibal potrebbe essere lo Squartatore di Chesapeake. Da quell’istante Hannibal inizierà il suo gioco di potere e manipolazione. Will ne rimane soggiogato e si ammala perché non ha in sé nessuna forza crudele come Hannibal. Nonostante sia un uomo profondamente solo e sofferente, conosce i confini tra bene e male. Ma con Hannibal è entrato in un mondo di totale oscurità, proprio come l’immagine simbolica - fluida e nerissima - di Alana che Will immagina avvolgerlo. Dalla prima alla terza stagione, in modi differenti che si alternano Will è, di fatto, l’altra metà della mela per Hannibal. Sappiamo che Bryan Fuller ha reso il suo Hannibal bisessuale, il criminale intelligente che si innamora di Will e lo manipola per mostrargli ciò che è: l’unico uomo che può accettarlo e amarlo perché anche Will, tormentata figura, è una sorta di mostro che ha accettato dentro di sé le tenebre. Non serve a nulla fuggire, sposarsi e cercare di vivere la normalità, Will non sogna più il cervo ferito e morente perché si è già trasformato, solo il tempo ha reso possibile il manifestarsi degli eventi. Trovo molto struggente il personaggio di Will, di rara profondità e bellezza. La scelta di Hugh Dancy, con la sua apparenza innocente, gentile, dai grandi occhi e dal sorriso memorabile è azzeccata e la sua interpretazione è di quelle che si stampano nella testa e nel cuore. Non si può non amarlo, non parteggiare per lui, per quel ragazzo la cui parte buona e luminosa è inesorabilmente attratta e contagiata dalla raffinata crudeltà e dall’amore oscuro di Hannibal. Quando li vedo vicini penso sempre a quanto sia bello trovare chi comprende la tua parte più cupa.


F. È una sorta di sogno oscuro per tutti noi... sapere che esiste qualcuno capace di comprenderci e di amarci anche quando diamo il peggio di noi, anzi, qualcuno così attratto da noi da accettare con ancora più amore le nostre tenebre. Quasi non volevo toccare l'argomento "Hannigram" (la coppia formata da Hannibal e Will, .ndr), ma a questo punto pare inevitabile.
Il suo essere incommensurabilmente affine, "identicamente diverso", ad Hannibal è uno dei fulcri della serie, il filtro attraverso cui possiamo vedere l'amore in atti di indicibili crudeltà, in un tableaux d'omicidio.
È un'attrazione fosca, ma potente, sottile e lucente come la lama di uno stiletto.
Qualcuno vorrà vederci solo un'amicizia (sebbene assai strana e più intensa di quelle a cui siamo abituati), qualcun altro un'attrazione fisica: ben vengano entrambe le interpretazioni, ma per me è qualcosa di ancora diverso.
Non me ne vogliano i "puristi" dell'Hannigram, ma io la vedo simile alla relazione fra un cane e il suo padrone. No, non un padrone qualsiasi e non un cane qualsiasi. Forse sto facendo un paragone troppo cino-specialistico, ma sono un pastore (umano) e un maremmano-abruzzese. Will, ovviamente, è il cane: un cucciolo candido, dal soffice manto, che lentamente si trasforma in una creatura via via più indipendente, in un dignitoso pari di quello stesso pastore che da piccolo lo nutriva, e diventa una macchina da combattimento, un animale in grado di fronteggiare un branco di lupi.
E il pastore? Lui si compiace di quella forza, di quella violenza, che possono portare il suo cane ad uccidere.
Will è il maremmano anche per via dell'amore verso il suo branco... verso i suoi cani e verso Abigail, la figlia che non era destinata ad esserlo. E tuttavia, da buon cane, perdona il pastore per avergliela strappata via.
Per quanto il maremmano ami il suo gregge, per quanto morirebbe per difenderlo, sa che il pastore può prelevare da esso le pecore che gli servono e lo perdona. Hannibal ha "prelevato" anche Beverly Katz, ricordiamolo, che è stata amica e confidente di Will Graham.
Eppure l'attrazione che intercorre fra il cane e il padrone è vera, sottile, potente e vera, genetica persino: attraverso migliaia di generazioni, sotto la pelle del cane, si è consolidata l'idea che egli debba essere amico dell'uomo che strazia il suo gregge, che per il cane è come una vera e propria famiglia (contrariamente a quello che nella terza stagione Hannibal dice a Bedelia, parlando del perché i cani da guardia non predino le proprie pecore... scusa, Hannibal, in cinofilia e forse in etologia in generale tu e Bedelia non ve la cavate benissimo)

E.E sappiamo quanto Will ami i cani, tra l’altro. Animali che hanno bisogno dell’attaccamento ad un padrone, anzi, ad un amico.
Will, per il suo passato da orfano di madre e con un padre assente, distante e povero, si identifica nei suoi sette cani randagi. Fa riflettere e intenerire la scena in cui si appresta a salvare Winston e in seguito a lavarlo, asciugarlo e presentarlo al resto del gruppo come nuovo amico. Dice molto di Will, di quanto sia sensibile e comprenda fino all’estremo, a livelli profondi, l’abbandono e la rinascita tra le braccia di un amico. La complessità emotiva del suo personaggio, sempre ben tratteggiata dalla ammirevole interpretazione di Hugh Dancy, ci conduce per mano, episodio dopo episodio, a scoprire elementi in cui la trama e l’avvicendarsi dei crimini appaiono come delle semplici evidenze logiche perché la realtà più coinvolgente è un’altra: il mondo interiore di Will, la sua trasformazione e la sua sofferenza. Mi è molto piaciuto come tenga testa ad Hannibal. Al termine della prima stagione lo vediamo sconfitto, ma nella seconda saprà riscattarsi e ribaltare i ruoli. Una sorta di rivalità tra maschi alfa – forse due lupi dello stesso branco - che lottano per primeggiare ma si rispettano e riconoscono che dietro la lotta primordiale c’è un’istintiva amicizia. Anche se ferito, umiliato, apparentemente indifeso, non ho mai pensato che Will fosse un gioco di Hannibal. Will è intelligente, empatico, sensibile e possiede il dono di una spontanea onestà, di un rigore etico che manca ad Hannibal, troppo preso a forgiare gli eventi a sua immagine e somiglianza. Il suo abbigliamento (diciamolo: Will veste un po’ da schifo e ha la tendenza a cadere nella sciatteria) e la sua immagine (capelli un po’ lunghi, ricci scomposti e mai pettinati) sono proprio in netto contrasto con questa suo elevato senso dello status deontologico. Hannibal, invece, è un uomo dall’apparenza impeccabile; veste in modo accurato con abiti dal taglio sartoriale e molto british style, attento ai dettagli (come il Diavolo) e con capelli lisci che pettina con cura. Sembra perfetto, ma come sappiamo cela nell’anima la stessa oscurità degli inferi. Eppure, questi due uomini – il cane e il padrone/i due lupi – potrebbero vivere in osmosi, per sempre.

F. Finalmente un punto su cui discutere, uno su cui dissentiamo! Secondo me Will non veste "un po' da schifo" e neppure ha la tendenza a cadere nella sciatteria... il suo è uno stile voluto. E credimi, da persona riccia (e con i capelli della stessa identica lunghezza di quelli di Will, ovvero variabile a seconda della stagione da corto più corto e corto un pò lungo), Will è pettinato, meglio di così è difficile (anche se durante la serie lui ci riesce, tanto di cappello). Fin dalla prima puntata ho sempre visto Will come qualcuno che ha scelto di vestirsi in maniera comoda e che questa scelta riflettesse il fatto che quello che conta per lui è dentro, non fuori, e che il sentirsi in un comodo abbraccio di flanella abbia molto a che vedere con la sua solitudine piuttosto che con la sua "sciattezza". Per il resto Will è molto pulito (avere sette cani in casa e riuscire a tenerla ordinata in quel modo significa che è un po' un pulitore compulsivo, eh) e ci dimostra di essere perfettamente in grado di gestire un diverso guardaroba e di essere elegante in alcune puntate della seconda e in quasi tutta la terza stagione.
Hannibal e Will fanno molto contrasto esternamente, su questo hai pienamente ragione, ma credo che sia la manifestazione del fatto che vengano da due ambienti completamente diversi, quello povero e quello nobiliare, e che semplicemente... siano stati abituati così.

E.Riccia anche tu? Da anni dico che sulla testa ho un Mocio Vileda incasinato, invece dei normali capelli. Forse perché li ho parecchio lunghi, ma anche le rare volte che li ho avuti corti era un caos generalizzato. Insomma, su qualcosa siamo entrambe un po’ Will Graham. :)
L’abbigliamento di Will, a mio parere, è voluto da script. A parte l’evidente bellezza di Will/Hugh Dancy, per il resto è l’unico a non rientrare nei canoni dell’estetica della serie, ed è l’opposto di Hannibal. Deve esserlo. Quando sono l’uno accanto all’altro fanno un certo effetto perché è lampante la loro differenza, ma anche la loro vicinanza e uguaglianza non esteriore. Se da un punto di vista dell’abbigliamento sono su pianeti diversi, non lo sono da quello interiore. Entrambi hanno vite complicate ma ricche e oscure, deviate. Will la copre di flanella, Hannibal di abiti taylor made. Il loro essere diversamente identici li rende complementari in tutto. Will espone le sue fragilità ad Hannibal, Hannibal se ne appropria ma a sua volta si indebolisce e si arrende, letteralmente. Credo sia questo il fascino di Will: la sua empatia e la fragilità lo rendono forte, seduttivo, immenso, ma al contempo vulnerabile e con il fianco sempre scoperto. Lui ed Hannibal rappresentano l’esatta trasposizione di Eros e Thanatos, vita e morte, creazione e distruzione. Ammetto che mi piace molto questo dualismo, è come vedere una lotta costante ma che affascina e ipnotizza. Will, in fondo, non è solo un ottimo profiler ma un incredibile e sensibile scrutatore dell’anima, esattamente come Hannibal, solo che lo fanno da posizioni emotive differenti.

F. O che sono differenti almeno all'inizio della serie... lentamente ed inesorabilmente, le loro posizioni emotive virano sempre di più alla sovrapposizione, visto il modo in cui Will Graham riesce ad empatizzare con Hannibal, al punto che nella terza stagione ci regalano un dialogo bellissimo, quello all'interno degli Uffizi di Firenze, che è nella sua interezza chiarificatore riguardo al rapporto di Hannibal e Will, ma di cui vorrei riportare solo una parte:

Will Graham: You and I have begun to blur.
Dr. Hannibal Lecter: Isn't that how you found me?
Will Graham: Every crime of yours... feels like one I am guilty of. Not just Abigail's murder, every murder... stretching backward and forward in time.
Dr. Hannibal Lecter: Freeing yourself from me and... me freeing myself from you, they're the same.
Will Graham: We're conjoined. I'm curious whether either of us can survive separation.

F. a questo punto è chiaro: se abbiamo voluto parlare di Will, era necessario che coinvolgessimo anche Hannibal, visto che il primo ha iniziato a "sfumare" la propria essenza nel tentativo di ricalcare il secondo e persino Hannibal, nella sua "rigidità" caratteriale è in qualche modo cambiato per andare incontro a Will.

H. Sì, parlare di Will senza coinvolgere Hannibal in questa serie è un po’ difficile, anche perché la storia intera si basa sulla loro relazione, sulle trasformazioni a cui entrambi vanno incontro, per completarsi, nell’arco delle tre stagioni.
Tutti i personaggi che li circondano rappresentano un’altra dimensione, un po’ come lo sfondo di certi quadri popolati da molte figure ma con le maggiori in primo piano. Tra questi personaggi credo che il più importante per Will sia Abigail, vittima ma non troppo e degna “figlia” dei “padri” Will e Hannibal.
Will ha ucciso il padre di Abigail, il serial killer Garret Jacob Hobbs, definito “l’averla del Minnesota”, proprio per salvare Abigail e da lì in poi vivrà questo evento con un senso di colpa inaudito, che rischia di diventare un’ossessione soprattutto nei confronti di Abigail, di cui vorrebbe prendersi cura e sostituirsi così al padre. Ma fa un errore: si dimostra terrorizzato e distrutto dopo aver ucciso Hobbs e Hannibal (sempre lui, mio malgrado) lo nota ed inizia ad entrare nella sua mente e nella sua anima, privandolo di Abigail con un machiavellico piano. Per Will il senso di colpa si trasforma in affetto, presenza, vorrebbe essere nella vita di Abigail. Vorrebbe, ma Hannibal manipola e alla fine distrugge il suo sogno. Will, che desiderava avere accanto Abigail, sua “figlia” (le immagini oniriche di Will e la ragazza mentre pescano sembrano uscite da una favola e in effetti sono la “favola” di Will), si ritrova a parlare con il pallido fantasma della ragazza, il cui volto più adulto ci ricorda la vita e il tempo che Abigail non ha potuto avere. Al di là della struttura psicologica, credo che la relazione tra Will e Abigail sia quella rappresentata con più poesia, con l’emozione che lega un padre sensibile e intelligente ad una figlia ribelle e problematica. Da qui vorrei lanciare anche un altro argomento su Will, il suo legame con le donne della serie, a partire dal bellissimo personaggio di Beverly.

F. Ah, Will e le donne! Quale donna non vorrebbe avere un amico, o, perché no, se si è incline anche un fidanzato, come Will? Io certamente si. Sensibilissimo, rispettoso senza mai essere ossequioso, a suo modo, velatamente, cavalleresco.  E poi è uno che non ti fa storie se porti dentro cani randagi, che per me è un bonus gigantesco.
La relazione con Beverly mi interessa particolarmente, così tanto che sarà un punto chiave nel nostro fumetto Exoterism (dove Will è un licantropo e *spoilermanontroppo* Beverly è un gatto mannaro), allo scopo di approfondire la loro amicizia, che è bellissima da vedere on screen! Sono così sinceri e schietti l'uno con l'altra... fin troppo all'inizio, quando Beverly lo incontra per la prima volta e, dopo un breve scambio di battute riguardo al perché Will non sia un agente regolare, lei gli domanda a bruciapelo "Tu sei instabile?".
Quel "you unstable?" è stato un tormentone qui a casa nostra per un bel po'...
Beverly è esattamente il tipo di amica di cui Will aveva bisogno.

E. Will, manipolato da Hannibal e Jack, rifiutato da Alana e distante da Abigal,
può contare sull’amicizia di Beverly, donna intelligente e intuitiva. L’unica che crederà in Will quando sarà intrappolato e considerato un feroce assassino. Di tutte le donne presenti in Hannibal Beverly è la mia preferita proprio per queste sue caratteristiche di indipendenza, coraggio e capacità di connettersi con chi ha di fronte. E qui lo dico da grande fan del Dr. Lecter: l’ho odiato con tutte le mie forze per la terribile fine che ha imposto a Beverly. Ricordo l’espressione raggelata e malinconica di Will durante la scena della valutazione dell’omicidio di Bev (Mukozuke, S2ep.5).
La sua unica amica, la donna-alleata con cui poteva interagire senza sforzi né problemi di incomprensione psicologica (tipica di Will con tutto il resto del mondo), è morta, sezionata in più pezzi davanti a lui. Il ricordo di lei resta, in un breve frame il fantasma di Bev addirittura sembra confermargli che è proprio Hannibal il maledetto Squartatore di Chesapeake.

 Beverly: “You said you just interpret the evidence. So interpret the evidence.” 


Povero Will e le sue mille prove che lo fanno andare avanti di poco e poi retrocedere, come Sisifo. Ad ogni puntata mi chiedevo: “E questa volta cosa dovrà fare il povero Will?”, come se fosse una sfida costante. Ammetto che il suo personaggio scatena in me un notevole senso di protezione. In certi momenti avrei voluto difenderlo e gridargli di fare attenzione, per non vederlo conciato con una encefalite, solo, rinchiuso, sotto processo, braccato e manipolato. E la morte di Beverly per Will è il culmine, il punto di non ritorno in cui decide di uccidere Hannibal tramite l’infermiere Matthew Brown. Forse è l’unico momento dove Will agisce in modo disperato, molto umano, senza ponderare le conseguenze del suo gesto perché sa che non ha nulla da perdere. Ma deve vendicare Beverly, la sua morte atroce e la perdita dell’unica persona che poteva comprenderlo. Ho trovato quell’istante penoso, tutta la sofferenza e la rabbia di Will erano lì, in quel viso immobile e pietrificato. E sì, il loro legame inizia con il sorriso di Bev che chiede a Will: "Are you unstable?". Che grande donna, Beverly Katz.



F. È effettivamente un vero peccato che Beverly sia morta... se fosse stato un
romanzo, la durata così breve di un personaggio così positivo mi avrebbe dato fastidio, ma in una serie tv (tanto profondamente oscura, per giunta) era purtroppo prevedibile, tantopiù che la trama deve scorrere rapidamente e che tutti gli eventi devono essere particolarmente incisivi.
Al contrario di te, non ho odiato Hannibal per la fine di Beverly, per quanto amassi il personaggio. Dal suo punto di vista, oltre a difendersi, Hannibal ha voluto omaggiarla.
Certo, questo "omaggio" ha straziato gli amici di Beverly. Ha ferito profondamente Jack. Ma nelle intenzioni di Hannibal non era probabilmente un modo per prendersi gioco di lei, visto che il nostro Squartatore di Chesapeake da grande valore all'intelligenza e di certo Beverly Katz ne aveva abbastanza da scoprirlo... ma adesso sto divagando.
La vera domanda è: come ha fatto Will Graham a perdonarlo? Come ha fatto a perdonarlo per aver ucciso quella che era la sua migliore amica?
Francamente è una di quelle cose che ho sempre capito e giustificato poco. Will Graham, alla fine, sembra quasi dimenticarsi di quello che Hannibal ha fatto.
Forse, mi sono detta, ha pensato che Hannibal ha agito come un animale messo alle strette, quando Beverly Katz è entrata nel suo territorio, e ha difeso i propri interessi uccidendola... tuttavia, sebbene "giustificato" (e il numero di virgolette che ho utilizzato certo non bastano, considerando che si tratta di un omicidio abietto di una persona innocente e valida) l'assassinio di un'amica rimane sempre tale e al posto di Will mi sarei sicuramente vendicata.
Perché sembra dimenticarlo? Perché fa troppo male? Perché "ama troppo" Hannibal e gli perdona tutto? Non so se sarei molto contenta della seconda... sarebbe assolutamente inappropriata.
Eppure non riesco a capire.

E. Credo che Will, ad un certo punto, abbia “raggiunto” Hannibal. Nella terza stagione cerca le origini dell’uomo che lo ha quasi ucciso, vuole comprenderlo, e in quella stupenda scena girata nelle labirintiche catacombe della Cappella Palatina, immerso nella luce flebile, Will sussurra ad un poco distante Hannibal “I forgive you”. Durante la scena in cui Will e Hannibal cenano a casa Verger, presi in ostaggio, Will morde ferocemente Cordell su una guancia e appare un sorriso di approvazione da parte di Hannibal. Will non può non perdonare Hannibal, è suo alleato. Sono andati oltre l’amicizia (ma nota bene, non entriamo nella Hannigram zone), sono pericolosamente vicini, entrambi inclini al male. Will si fermerà, disgustato da tutto, e questa scelta rappresenta la fine della libertà di Hannibal, che si arrende a Jack e all’FBI.
Will può in questo modo proseguire la sua vita e nel tempo cerca a tutti i costi la normalità, sposando una donna dolce e comprensiva di nome Molly, che ha già un figlio suo. Per quanto siano state poche puntate, mi è piaciuto il rapporto di Will e Molly (e poi entrambi amano e salvano cani abbandonati). Lontani da tutto, in una casa immersa nel verde, accogliente, calda. Un nido a cui Will ambiva da molto tempo e una relazione capace di comprenderlo e accoglierlo. Molly è una donna simpatica e coraggiosa, in grado di alleviare il dolore e la sofferenza di Will. Certo, è molto ragazza della porta accanto, ma d’altronde lo è anche Will. E sì, hai ragione: chi non vorrebbe fidanzarsi con Will? In tutta onestà io me lo sposerei al volo. Però non fatemi incontrare Hannibal, potrei scappare con lui. :D

F. Da vera unpopular Fannibal quale sono, ho apprezzato di più la relazione fra Molly e Will che quella fra Will e Hannibal... un po' perché sono coccolosi (dawww), un po' perché Molly non ha mai cercato di ammazzare male Will... e SOPRATTUTTO perché entrambi amano i cani.
Will è pazzo, ma mica perché vede i wendigo, i ravenstag, i morti parlanti... no, è pazzo perché, comunque, lascia una vita perfetta (Una famiglia perfetta? I cani? La stramaledette pace dei sensi?! Rendiamoci conto!) per inseguire di nuovo la morte, per ritornare da Hannibal. Bada bene, però, che ho detto pazzo e non stupido! Ognuno di noi ha i suoi sogni, i suoi desideri, il suo becoming se mi permetti di usare il termine. Will aveva bisogno di sbocciare nel sangue, come una rosa nera su un campo di battaglia. Avrebbe potuto accontentarsi di una vita perfetta, avrebbe dovuto accontentarsi, ma ha deciso che non gli bastava. Il brivido del sangue era un richiamo troppo forte.
Ecco perché Will Graham è pazzo... ma questa è un po' una premessa dell'intera serie e senza questa follia che lo tende all'orribile, al sublime, tutta questa storia a cui tanto ci siamo appassionati non sarebbe esistita. Ecco perché, nonostante tutto, ho amato il finale della terza stagione e continuo ad amare il personaggio di Will Graham.

E. Will è irresistibile anche nei suoi limiti, nel porsi sempre in mezzo a qualsiasi tempesta con coraggio. Anche questo gli si deve rendere atto: non ha certo paura di buttarsi a capofitto nell’oscurità, anche quando è impaurito e terrorizzato, prosegue. Come diceva Neil Young in una sua vecchia canzone: “Meglio bruciarsi che spegnersi lentamente”, e ben si adatta alle cupe inclinazioni di Will. Anche a me piaceva la sua relazione con Molly – finalmente un po’ di pace e di sana normalità – ma sappiamo che resterà sempre il ragazzo “unstable”, rifiutato da una poco intuitiva Alana. Vorrei parlare proprio del rapporto tra loro, iniziato come una buona amicizia e terminato in distaccata gentilezza. Alana è certo intelligente, ma a mio parere all’inizio delle serie vede e interpreta i fatti in modo dogmatico, fermandosi ad un’analisi quasi didattica. In seguito come tutti sarà trasformata dagli avvenimenti causati da Hannibal ma si allontanerà da Will, che non ha mai compreso, proprio come non ha mai compreso Hannibal. Pur volendo bene a Will, arriverà il punto di rottura nell’assistere al gesto rabbioso dell’amico che, rinchiuso, tenta di far uccidere Hannibal. Se prima cercava di comprenderlo, di essergli amica, l’azione brutale spezzerà l’incantesimo tra loro che lo stesso Will aveva cercato di creare. Sappiamo che la serie è una giostra tra avvenimenti, sensazioni e intuizioni che cambiano in modo repentino e quasi destabilizzante, e proprio su questo elemento alcuni personaggi ruotano più di altri, come nel caso di Alana.
Ricordo che mi chiedevo: “Potrà amare Will?” e l’episodio successivo era tra le braccia di Hannibal. Ma d’altronde in Hannibal va così, ogni personaggio sembra trovare sicurezza nella follia e distanziarsi da tutto ciò che non è psicotico.
Alana Bloom: «Penso che Hannibal non sia un bene per te e che la vostra amicizia sia distruttiva».
Will Graham: «Ma Hannibal va bene per te».

Ammetto che un po’ mi è dispiaciuto non assistere ad una vera e propria relazione tra Will e Alana. Mi domando cosa sarebbe accaduto se Alana fosse stata meno ingenua e più accorta, più vicina a Will, se lo avesse sostenuto con più forza, magari ostacolando Hannibal. Rimane in me l’immagine stupenda da Kaiseki: Will sotto ipnosi per volere di Alana, si immerge nella sua figura divenuta oscura come un mistero che non si riesce a svelare.


F. Anche a me è dispiaciuto non vedere una vera relazione tra Will e Alana... ma sarebbe stata probabilmente una cosa tenera, dolce, quasi "normale" e si sa che questo show non ha spazio per cose del genere. La storia che ci viene raccontata rasenta l'horror psicologico... no, in effetti è vero e proprio horror psicologico. Non c'è tempo per i buoni, non c'è tempo per un amore dolce e calmo: bisogna sbrigarsi e correre correre correre verso un altro orrore! Se ci pensi bene, è quello che Will fa, soprattutto nella prima e nella seconda stagione: correre da un orrore all'altro, soffrendone, ma come se non potesse farne a meno.
Il rapporto che ha Will con l'orrido è controverso, come minimo. Il sangue e la sofferenza lo colpiscono, lo divorano, lo affascinano e lo spaventano... un po' come fanno con la maggioranza di noi, ma con la differenza che quasi nessuno di noi deve avere a che fare con così tanti crimini e con così tanta morte durante la propria via.

E. Ed è questo che fa di lui il miglior profiler dell’FBI, l’uomo che riesce a risolvere casi estremi, complessi e complicati e che sa empatizzare con i serial killer. Così tanto da finire nella rete di Hannibal – il serial killer estremo, complesso e complicato. La prima volta che ho visto questa serie sono rimasta affascinata dallo schema di Will, il suo “This is my design” era la prova di un totale coinvolgimento, di un’empatia tanto potente quanto devastante. Me ne sono innamorata. Per me Will rappresenta la lotta che da sempre coinvolge il genere umano: cercare la grandezza, la gentilezza e la bontà, e al contempo possedere un’anima oscura, a volte unica e distinta dalle altre, che conduce vero l’inevitabile sofferenza di chi si concede al Male.
Will non può nulla: non si difende dalle pressioni di Jack, non riesce a salvare Abigail, non sa farsi amare da Alana, non riesce a sfuggire ad Hannibal, non vivrà con Molly e il di lei figlio. Eppure ha una sua grandezza, è un uomo destinato all’oscurità ma sa riempirla di luce. Per me c’è una sorta di purezza in Will, come se il suo entrare da un orrore all’altro, come tu dicevi, fosse il desiderio di lottare e dare una forma, un senso e un nome al dolore stesso. La sua paura è quella di chi ha un cuore buono e generoso, la sua solitudine quella di chi non percorre le strade emotive più facili, la sua sofferenza quella di chi lotta tra Bene e Male.

Will: I am alone in that darkness. 
Hannibal: You're not alone, Will. I'm standing right beside you.

http://fav.me/d6ffifi F. Will è così profondamente umano da sembrare una rappresentazione stessa dell'umanità, che pendola (che sia per quello che le sue ricostruzioni mentali iniziano con il movimento di un pendolo luminoso?) da un lato all'altro, dal male al bene. Non gli piace essere psicanalizzato, ma alla fine ci stiamo cascando anche noi, lo stiamo psicanalizzando, anzi, stiamo cercando di comprendere l'essenza stessa della sua natura. Ma non è colpa nostra, non è così? Non è colpa nostra se la sua complessità suscita tanta meraviglia, stuzzica tanta bellezza. Artisti di tutto il fandom hanno cercato di dare rappresentazionigrafiche alla sua mente, alcuni con risultati veramente strabilianti (ora come ora, su due piedi, mi viene in mente il bellissimo Take retreat in the safety of your mind di nowwheresmynut), dimostrandoci che un personaggio così complesso si fa notare per molto altro che non sia solo il suo grazioso faccino, ma che affascini la gente per quello che ha dentro, per la sua lotta continua che ispira empatia e simpatia e che ci rende partecipi di una battaglia epica che ha luogo dentro una persona sola, un incendio dentro un cervello.
Il suo appeal è nel combattimento, uno grandioso, ma che in piccolo quasi tutti noi viviamo ogni giorno e questo lo rende praticamente unico nel panorama televisivo moderno, dove l'eroe maschile è fatto per l'adrenalina e per lo stoicismo. Ci vuole più coraggio a battersi con sé stessi e con la propria percezione del mondo che per dare un pugno sul grugno al cattivo di turno... e, per inciso, Will Graham riesce a fare benissimo entrambe le cose. 




 E voi? Che cosa ne pensate? Diteci la vostra su Will Graham!

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